L’Associazione Flavio Beninati è lieta di comunicare che martedì 13 giugno 2017 ospiterà la presentazione del libro fotografico di Kristin Man ” 9_9 “. Con l’autrice interverranno Manfredi Beninati e i Laboratorio Saccardi.
Il libro è già stato presentato al United World College of the Atlantic (UK), al Castello di Vigevano e alla libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, e sarà prossimamente presentato anche Achivio Centrale dello Stato di Roma e al Museo MADRE di Napoli.
INGRESSO LIBERO
Martedì 13 giugno 2017 | ore 18,30
Via Quintino Sella 35 (PA)
IL LIBRO Immaginate di poter portare con voi solo un bagaglio a mano per il resto della vostra vita, cosa ci mettereste dentro? Tra il novembre e il dicembre del 2014 ero in Spagna, e stavo portando avanti degli esperimenti per questo progetto prima di tornare in Italia (dove avrei poi definito la metodologia per il resto del lavoro). In Spagna ho incontrato un palestinese (apolide), rifugiato lì dalla Siria, che come me era un artista residente. Dopo settimane di condivisione dello studio – lui si occupava gentilmente di tagliare la legna per la nostra stufa – finalmente mi ha raccontato la sua storia: per evitare sospetti, e che gli sparassero ai punti di controllo, aveva lasciato la Siria con il suo computer portatile e una sacca di quelle che si usano per un viaggio di un paio di giorni. Ho in effetti visto che aveva con sé tutto quello che possedeva. Non era venuto in Europa per inseguire il “sogno mediterraneo”, e non avrebbe lasciato casa sua se non fosse diventata un posto dove gli era impossibile concentrarsi sul suo lavoro artistico perché era continuamente in fuga da un rifugio a un altro. Diceva che la sua arte e la memoria del suo lavoro erano le cose più preziose che aveva. Dopo più di due anni, ancora mi domando come stia, e cosa possa essere successo alla sua famiglia in Siria. Ricordo che ho lottato per trattenere le lacrime, sentivo quasi di non avere il diritto di piangere di fronte a lui. E la sua era una storia relativamente fortunata tra tutte quelle create da una diaspora come quella. Io sono nella situazione opposta a quel rifugiato, ho diritti legali in diversi stati. A qualcuno potrebbe sembrare che io sia una “fuggitiva” volontaria – ma da che cosa starei fuggendo? Poche persone sono a conoscenza di questo fatto, e io non ci penso consapevolmente: il mio compleanno cinese cade il nono giorno del nono mese del calendario lunare. Nell’ottobre del 2016, quando da mesi ragionavo continuamente sul mio libro, ho pensato di intitolarlo Progetto 9_9, soprattutto per sottolineare quanto si dice nel saggio di Kong Yen Lin “Perfetta Imperfezione”. La seconda mail di buon compleanno di mio padre (mi aveva mandato la prima alla data del mio compleanno secondo il calendario occidentale) conteneva un link a un sito che spiegava come il giorno noto come “Doppio Nove” sia ricordato e celebrato in Cina da migliaia di anni. Nei miei ricordi di bambina, la leggenda raccontava degli abitanti di un villaggio che, avvertiti dell’arrivo di un’epidemia, lasciarono le loro case e si rifugiarono per un giorno in montagna. Al loro ritorno si accorsero di aver evitato di un soffio una catastrofe (tutti gli animali erano morti). Per quanto riguarda Progetto 9_9 io penso me a stessa come alla ricerca di qualcosa, non in fuga da qualcosa in particolare. In ogni caso sento il forte desiderio di fare la mia strada. Così, Progetto 9_9 simboleggia i miei piedi e le mie radici. Forse la mia è un’esperienza non dissimile da quella di Patrick Zachmann (un fotografo di Magnum Photos cui nel giugno 2014 ho avuto la fortuna di fare da assistente per un progetto a Hong Kong): dopo sette anni di lavoro intenso a un progetto sull’identità ebraica, Enquête d’Identité ou Un Juif à la recherche de sa memoir (Inchiesta sull’identità o Un ebreo alla ricerca della sua memoria), decise che aveva bisogno di una pausa e fece un viaggio in Cina; pensava di andare lontano, ma si rese conto che si stava invece avvicinando ulteriormente alla sua identità. Nonostante la distanza dal mio luogo di nascita e da dove si trovano i miei genitori, in Italia mi sono avvicinata al luogo dove mi sento allineata con me stessa, pur portando con me i valori e i principi con cui sono stata cresciuta e che ritengo ancora validi. Non perdo quello che è dentro di me perché sono lontana dalle mie origini fisiche. Direi che le mie “vere radici” sono i luoghi dove sono in grado di sentire la mia essenza. Come ho detto nell’intervista con Fortunato D’Amico, mi identifico come uno spirito presente in un corpo, non come un corpo dotato di uno spirito. Allora io forse appartengo veramente non a un preciso luogo fisico, ma a uno spazio trascendente. La ricetta della felicità contiene all’incirca gli stessi ingredienti per tutti, in dosi differenti. Come per il mio amico rifugiato, anche per me la mia arte e la memoria del mio lavoro sono più importanti di altre cose che di solito vengono definite “preziose”. La memoria di un’opera d’arte non è solo quello che si trova nel disco fisso di un computer, ma è l’esperienza della sua creazione. Davvero prezioso è ciò di cui nessuno ci può derubare, ma che può essere condiviso. Spero che Progetto 9_9 diventerà parte della nostra memoria collettiva, non solo perché ho creato un nuovo linguaggio fotografico, ma anche per la diversa prospettiva che il volume offre sulle domande esistenziali che tutti di tanto in tanto ci poniamo. Questo non significa che tutti debbano venire in Italia a scattarsi fotografie con vari artisti, ma spererei che ciascuno trovasse il desiderio di cercare nel profondo cosa lo fa sentire davvero allineato con la sua autentica essenza. Credo che se noi potessimo essere più consapevoli di quello che siamo e del nostro potenziale anche la società ne trarrebbe beneficio. Come ha scritto Carl Jung, “La somma di un milione di zeri sfortunatamente non dà uno”, perciò è necessario che lavoriamo su noi stessi come individui. Concordo con Jung anche sul fatto che le decisioni che prendiamo sono fortemente influenzate dal nostro inconscio, un deposito di memorie proprie dell’individuo e del nostro passato ancestrale e collettivo, e dunque pochi anni di esplorazione possono solo svelare in parte ciò che necessiterebbe di una vita e oltre per essere conosciuto. La mia prima pubblicazione, Fragments of Grey Matter (Frammenti di materia grigia), ha segnato l’avvio di un processo e qui, con Progetto 9_9, l’esplorazione ha semplicemente trovato espressione in un luogo diverso e in un’altra forma visiva, entrambe tuttavia ispirate dalla mia voce interiore. Questa esplorazione è stata resa possibile da alcune condizioni favorevoli e c’è una lunga lista di persone alle quali sono grata – mentre scrivo queste righe sto mentalmente passando in rassegna ciascuno dei vostri visi e nomi, andate alla sezione “ringraziamenti”. Ma desidero subito ringraziare tutti gli artisti che mi hanno ospitato nel mio viaggio, molti dei quali mi hanno presentato ad altri artisti. Grazie a questi incontri ho ampliato i miei orizzonti: a volte ho provato grande empatia nei confronti di certe opere creative; altre volte ho sentito che stavo imparando a conoscere qualcuno o qualcosa che non avevo visto prima, e questi incontri mi hanno dato ulteriori spunti di riflessione. Spero che Progetto 9_9 farà lo stesso per voi. Potete intravedere i pensieri di questi artisti e le loro opere nel mio “scrigno del tesoro”, nella sezione “Backstage”, che apre con il simbolo di Il Terzo Paradiso, creato da Michelangelo Pistoletto, che sottolinea essenzialmente il punto fondamentale di questo progetto: come il “Noi” al centro del tre volte ripetuto segno dell’infinito sia formato da “Io” da una parte e da “Tu” dall’altra – da qui in miei DUPLICI autoritratti. Questo concetto potrebbe essere adottato per gli individui, diverse discipline e nazioni. Per concludere, lasciate che vi rifaccia la stessa domanda: immaginate di poter portare con voi solo un bagaglio a mano per il resto della vostra vita, cosa ci mettereste dentro?
(EN) Imagine that you can only take one hand-carried bag with you for the rest of your life, what would you bring? I met a Palestinian (stateless) refugee from Syria who was a fellow artist-in-residence when I visited Spain in November and December 2014 before returning to Italy and deciding on the methodology for the rest of this project. After weeks of sharing a studio, with him kindly chopping the wood for our fire stove, he finally told me his story: in order to avoid suspicion and getting gunned down at one of the military control points, he left Syria with his laptop computer and a duffel bag resembling what people might use for a two-day trip. In fact, I saw the totality of his possessions. He didn’t come to Europe to pursue the Mediterranean Dream. If his home had been somewhere where he could focus on making art instead of escaping from one hiding place to another, he said that he would have stayed. He said that his art work and the memory of his work were what he cared about most amongst his possessions. After more than two years, I still wonder how he is doing and what might have happened to his family in Syria. I remember having to fight back the tears as I felt that I had no right to cry in front of him. His was a relatively fortunate story of all the stories generated by this diaspora. Contrary to him, I have legal rights in various states. To some observers, I maybe seen as a self-imposed “fugitive” but what might I be fleeing from? Few people knew about this and I don’t consciously think about it: the 9th day of the 9th month of the lunar calendar is my Chinese birthday. In October 2016, as I was deep in my thoughts on my book and for months, I have thought of using “9_9” as my book’s title mainly to highlight what has been mentioned in Kong Yen Lin’s essay “Perfect Imperfection”, I received my dear father’s second happy birthday email of the year (the first one arrived on my western calendar birthday) which included a link on how the day known as “Double Nine”, a Chinese festival for thousands of years, is usually remembered and celebrated. For what I knew as a child, the legend was about villagers being warned of an epidemic, left their homes for the day by hiking up the mountains and then upon their return, they realised that they had just avoided a catastrophe (all the animals died). Regarding 9_9, I think of myself searching for something as opposed to fleeing from a particular thing. In either case, I have an urge to walk my walk. Thus, 9_9 symbolises my feet and my roots. Perhaps mine is not dissimilar to the experience of Patrick Zachmann (a Magnum Photographer based in France whose follow-up work in Hong Kong in June 2014 I had the fortune to assist); after a very intense seven-year project on Jewish Identity (Enquête d’identité ou Un Juif à la recherche de sa mémoire | Inquest on Identity or a Jew in Search of his Memory), he thought he needed to take a break and went to China, he thought that he was going far away, only to find that he was getting even closer to his own identity. In spite of the physical distance from where I was born or where my parents are, I have come closer to where I feel aligned with myself overall in Italy, while bringing with me the values and principles which I have been brought up with and still deem valid. I don’t lose what is inside me because I am far away from my physical origins. As such I would say that “real roots” are where I feel my essence. As I said in the interview with Fortunato D’Amico, I identify myself as a spirit in this body, not as this body with a spirit. So maybe there isn’t really a fixed physical place but a transcendental space that I truly belong to. The ingredients in our recipe for happiness are roughly the same 14 with different weightings. Like my long lost refugee friend, I value my artwork and the memory of it more than things that could usually be called “valuables”. The memory of works of art is not just what is in the computer hard drive but also the experience of creating them. What is truly valuable is what nobody can steal from us but can be shared. Now that I have created Project 9_9 it will hopefully become part of our collective memory, not just because I have created a new photographic language but also a different perspective to the existential questions we all ask from time to time. It does not mean that everyone should go take photographs with artists in Italy, but what I would hope is that everyone will care to look deeper into what makes them truly aligned with their own essence. I believe that if we could be more conscious of who we are and of our potential, our society would also benefit. As Carl Jung wrote,“a million zeros joined together do not, unfortunately, add up to one”, so we need to work on ourselves as individuals. As I further agree with him that we make our decisions strongly influenced by our unconscious, a storehouse of repressed memories specific to the individual and our ancestral and collective past, a few years of exploration can only uncover what might take a lifetime and beyond to be known. My first publication, Fragments of Grey Matter, started the process and here with Project 9_9, the exploration simply took shape in another place in a different visual form, and yet both have been inspired by the voice within me. This exploration has been enabled by a few favourable conditions and there is a long list of people to whom I am grateful and I am mentally going through each of your faces and names as I write this note – please see the “acknowledgements” section of this publication. Most directly, I thank all the artists who have been my guests on my journey, many of whom have also introduced me to other artists. Because of these encounters, I have widened my horizons: sometimes I felt great empathy towards certain creative pieces; at other times, I felt that I was getting to know someone or something that I had not seen and the meetings added food for thought. I hope that Project 9_9 will do the same for you. You can have a glimpse of their thoughts and artworks in my “treasure-box”, in the “Backstage” section, which opens with the symbol of The Third Paradise, authored by Michelangelo Pistoletto, essentially underlining the crux of this project: of the “We” in the middle of the three looped infinity sign made by “I” on one side and “You” on the other – thus, my DUAL self-portraits. It could be applied across individuals, disciplines and nations. Project 9_9 itself is a symbol of our multicultural and multidisciplinary living. To close, let me ask you the same question: imagine that you can only take one hand-carried bag with you for the rest of your life, what would you bring?